Fractae: il paesaggio antico

ASSOCIAZIONE  PRO LOCO   ’Francesco Durante’

 Stemma del Comune di Frattamaggiore 

FRATTAMAGGIORE  (NA)

Statua del musicista Francesco Durante

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Frattamaggiore: Festa popolare del Cristo risorto - Sona ca sceta

 

 

 

 

 

FRATTAMAGGIORE: LA FESTA RELIGIOSA POPOLARE DEL LUNEDI’ IN ALBIS

(Testo di Pasquale Saviano)

 

Sommario

1.      Le feste religiose popolari del tempo pasquale

2.      Sona ca sceta

3.      Storia della rappresentazione sacra frattese

 

 

1.   LE FESTE RELIGIOSE POPOLARI DEL TEMPO PASQUALE

    I riti pasquali nella tradizione frattese hanno avuto sempre un riflesso culminante nelle manifestazioni popolari del Lunedì in albis: le cordate dei fuienti della Madonna dell’Arco al mattino e la processione delle statue dei santi al pomeriggio. Tra le due manifestazioni la più antica, e specificamente locale, è soprattutto la seconda che il popolo vive come rappresentazione del mistero della Risurrezione di Cristo. La prima manifestazione è un patrimonio popolare dell’intera area vesuviana che coinvolge una marea di gente di paesi diversi che esprimono la loro fede con il pellegrinaggio religioso ed artistico di chiette organizzate che si portano, festosamente e devotamente, al Santuario mariano della Madonna dell’Arco di Sant’Anastasia situato alle falde del Vesuvio.  La seconda manifestazione è denominata nel gergo popolare frattese antico come “sona ca’ sceta” (fort.: “suona con la tromba del risveglio”) che annuncia l’incontro del popolo con il Risorto ed il suo “ritrovamento” nell’ambiente tipico, canapiero, paesano antico: “l’hanno truveto rint’  ‘a stoppa arravuglieto”.

 

 

2.   SONA CA SCETA

    Nel corso del tempo varie diatribe si sono avute nel tentativo di interpretare il significato di “sona ca’ sceta”;  taluni lo collegano all’inizio della “scena” del teatro popolare della rappresentazione che viene annunciata col suono di strumenti musicali (“sona ca’ scena” = “suona con la scena”); altri lo collegano all’ “uscita” della processione dei santi (“sona ca’ è scieta” = “suona perché è uscita”) annunciata dai suoni e dalle parole arcaiche del dialetto frattese.

     In tutti i casi si tratta di un “annuncio” che coinvolge l’intera popolazione e che viene rimandato a voce dalla folla da un luogo all’altro del paese il quale, così, diviene lo scenario urbano del rincorrersi e del movimento concitato dei “santi”, sollevati in alto per essere visibili da tutti e trasportati a spalla, i quali vanno alla ricerca del Risorto, la presenza del quale viene a lungo confusamente segnalata tra loro fino al finale ritrovamento.

     La manifestazione assume in questo modo la funzione di partecipare a livello popolare il sentimento di sbigottimento, di sorpresa, e di religiosità, di fronte al ‘miracolo’ del Lunedì dell’Angelo, di fronte al miracolo del Cristo sottratto alla morte e misteriosamente presente nella testimonianza di quelli che lo hanno visto vivente. Si vedono così riverberare della Pasqua  le dimensioni sacrali, celebrate nella Liturgia ecclesiale e nella Sacra Scrittura, attraverso la manifestazione spettacolare della fede popolare che ha modo di attuare un particolare momento di comprensione e di attualizzazione del mistero divino.

     L’opportunità ed il tipo di esperienza religiosa legata alla festa frattese trova corrispondenze in molte altre rappresentazioni popolari dei “sacri misteri” che a Pasqua, ed in altri tempi liturgici, a partire dall’epoca medievale, si realizzavano e si realizzano ancora in molti luoghi della cristianità, vicini e lontani, in Campania, in Italia e nel mondo (ad esempio: Sessa Aurunca, Procida, Taranto, Spagna, ecc…).

 

 

3.  STORIA DELLA RAPPRESENTAZIONE SACRA FRATTESE

 La dignità storica della ‘rappresentazione sacra’ delle statue frattesi è notevole, dal momento che se ne rintracciano le origini al XVI secolo, all’epoca in cui la comunità locale viveva la religiosità come la fondamentale dimensione culturale, e quando la vita sociale del paese assumeva i valori morali, educativi e civili, del forte connubio tra la Chiesa e le organizzazioni laico-congregazionali.

Le stesse statue dei santi locali rappresentavano il simbolo devozionale delle chiese, delle numerose cappellanie e delle congreghe laicali esistenti; e la loro processione non poteva non coinvolgere l’intera popolazione del paese.

     La prima rappresentazione frattese documentata fu proprio una “processione dei sacri misteri”, realizzata all’epoca della Controriforma, nel 1596, quando era parroco della principale chiesa di San Sossio D.Giovan Stefano De Juliano, il quale la annotò nel modo seguente nei Libri parrocchiali:

 

+ EODEM DIE (XXI d'aprile 1596 domenica d'alba)

ET AD FUTURAM REI MEMORIAM

…Nota come hoggi predetto dì 21 d'Aprile 1596, domenica d'alba fecimo  una  processione  Sollenda con tutti li misterii della  passione di Cristo, e con  tutti li misterii della concettione Santissima, e  con  la  charità; et andaimo a Santa Eufemia, e depoi  al  casale  di  Cardito, et  appresso alla chiesa delli Scappuccini di Caivano, e depoi al casale di Fratta piccola, e depoi ce ne ritòrnaimo  con un bellissimo tempo, senza romore, ma tutti allegramente et  quanti; e se vedero tutti li huomini di Fratta magiore, e tutte le donne cite, et maritate et vidue, che fo una vista bellissima; e la processione andò bene ordinata videlicet con tutti li misterii andavano prima, e depoi quaranta homini a dui a dui con le intorgie; et  depoi lo  crucifisso di Santa Maria della Gratia con li giovani vestiti e depoi lo crucifisso del Rosario con tutti li confrati vestiti, et depoi la...

 

     Il valore comunitario di questa rappresentazione “pasquale” fu indubitabile ed importante al punto di qualificarla come un modello devozionale che ebbe occasione di estendersi ad altre occasioni ed avvenimenti religiosi extra-pasquali. L’occasione fu data da una grande siccità che nello stesso periodo (XVI secolo) colpì la campagna frattese e spinse la comunità a decidere di realizzare un’altra processione con tutte le statue dei santi esistenti nelle chiese frattesi per ricorrere al loro patrocinio celeste. Per questa occasione si mossero all’epoca  tutte le realtà sociali del paese, le chiese, la comunità civile, e le numerose congreghe laicali che partecipavano alla processione con le statue dei loro santi titolari. Questa processione, realizzata ogni prima domenica di Maggio, ebbe una lunga tradizione fino al 1910, e andò in disuso dopo la prima guerra mondiale.  

    A metà del XVII secolo si consolidò l’uscita processionale delle numerose congregazioni locali nel Lunedì in albis per celebrare il mistero della Risurrezione di Cristo. A questo proposito si legge nel   Libro Manoscritto dell’Oratorio della Madonna delle Grazie:

 

Jesus Maria

« Si è concluso per li fratelli del nostro oratorio che si invitino li fratelli della congregatione del santissimo Rosario a favorire colla processione della resurretione di nostro Si­gnore che si fa hoggi Lunedì in Albis quale promettano fare ogni anno con l’agiuto de idio osservando questa essere la no­stra festa titolare, onde per convenienza se ricevea, noi habiamo da precedere in questa tantum con interponere de­creto etiam del sig.r vescovo a nostre spese e sì noi facessimo altre feste seu processioni non presumono pretendere precedenza ma solamente questa tantum festa della resurrectione nostra e non altra.

Dal Nostro oratorio li 21 Aprile 1642 et così anco se habia da intendere con tutte le altre congregationi.                                                                                    Io dottore Geronimo Capasso” .

 

    Nel corso del ‘700, come è scritto nel Libro delle Conclusioni dell’Università di Fratta Maggiore, anche il Comune ebbe modo di concorrere alle spese e all’organizzazione delle manifestazioni religiose cittadine e alla ‘festa delle statue’.

La principale testimonianza ottocentesca sulle sacre rappresentazioni popolari e sulla ‘processione  delle statue’ è dovuta al canonico Antonio Giordano, insigne storico, il quale così scrisse  nelle sue Memorie Istoriche di Fratta Maggiore del 1834:

 

  “ Vi hanno in Fratta Maggiore numero trentanove Statue, porzione delle quali sono intagliate in legno, e porzione di rame, o di argento indorato appartenenti in proprietà alle Confraternite erette in detto Comune…Tutte le anzidette Statue si portano per Fratta Maggiore nella prima Domenica di Maggio di ciaschedun anno. L’istituzione di siffatta processione accadde nel XVI secolo alla circostanza d’una succitate, che inaridito avendo tutt’i seminati, facea disperare d’ogni ricolto. I Frattesi penitenti, e divoti implorarono dal Cielo mediante l’intercessione di detti Santi il vantaggio della pioggia; per la qual cosa fecero solenne voto a’ medesimi di far girare in ogni anno dette Statue per ricevere le offerte de’ fedeli. Dopo tanto voto le acque caddero, ed i seminati riacquistarono alimento e vita”.

 

    Il brano del Giordano continua con l’indicazione delle 11 Congreghe esistenti all’epoca in Frattamaggiore: SS.mo Sacramento, SS.mo Rosario, San Sossio, Santa Maria delle Grazie, Sant’Antonio, Immacolata Concezione, San Vincenzo Ferreri, San Rocco, Santa Lucia, San Filippo, Sant’Anna.

    Rimanda sicuramente all’epoca del Giordano il detto popolare: “s’è mossa ‘a prucissione cu’ i trentanove santi  e Giesù Cristo ‘a quaranta, cu’ Santu Sossio annanta annanta”.

Quest’altro detto ( “quando esceno i santi ‘argiento è fernuta ‘a prucessione”) ricorda invece le seicentesche statue argentee dei Santi patroni Sossio e Giuliana, la cui uscita dalla chiesa principale rappresentava il culmine della processione.

    Va ricordato, per inciso, il riferimento alle fonti antiche suddette operato dagli storici locali contemporanei (Sosio Capasso, Pasquale Costanzo e Pasquale Ferro) nel narrare e descrivere i significati e le dinamiche delle manifestazioni popolari religiose del Lunedì in albis. In particolare si ricorda l’annotazione del Capasso, il quale nella sua opera su Frattamaggiore del 1944 indicò il numero delle statue frattesi che da 39 dell’ ‘800 era passato a 45; si ricorda la lettura in chiave devozionalistica della manifestazione religiosa pasquale operata dal Costanzo; ed infine si ricorda il recupero operato dal Ferro di una altra importante fonte dell’ ‘800, quella del Torraca del 1873, che descrive la festa pomeridiana del Lunedì in albis a Frattamaggiore.

Leggiamo da  Reliquie del dramma sacro – 1879  di Francesco Torraca:

 

Fratta-Grumo.

« Rìferirò quasi testualmente una comunicazione ricevu­ta da un giovinetto, perché la vivacità delle impressioni ed il calore con cui sono manifestate mostrano quale fascino potranno ancora esercitare sulle anime ingenue gli spettacoli religiosi. Da alcuni anni per misure politiche più non si ce­lebravano le molte processioni, che erano l’entusiasmo e lo amore di questo popolo. Però un noveIlo sindaco di Fratta­maggiore [cav. Domenico Dente, ndr.], amore ed onore della patria (a. 1879), fece sì che la festa del Lunedì in Albis fosse con maggior pompa e magnificenza che per lo innanzi celebrata. Ed i frattesi, grati al loro capo, erano accorsi con migliaia di forastieri, nella principal piazza, per godersi la tanto aspettata festa.

“Dopo circa un’ora di aspettativa, renduta più molesta dall’impazienza degli spettatori, tra gli evviva del popolo e le allegre note della banda musicale, la statua della Maddalena si presenta sulla piazza della Parrocchia: indi, a poco a poco, a passo lento e come mesta si avanza e si incammina in traccia del Signore. Ella percorre prima il Corso Durante e poco dopo ricomparisce vieppiù mesta ed afflitta: ha camminato invano! Poi si inoltra sulla via che mena al Largo Riscatto.

« In questo mentre S. Giovanni, malinconico in volto e con gli occhi imbambolati, esce dalla chiesa e percorre la medesima via percorsa dalla Maddalena, però ritornando dal Corso Durante entra nella via che porta lo stesso suo nome. Ed ecco la Maddalena tornare indietro di nuovo e mettersi per via Genoino.

« Un lampo di speranza pare le brilli sul volto: forse... chi sa, ella troverà il Salvatore. All’improvviso corre a raggiungere S.Giovanni, lo saluta, gli annuncia che ha trovato Gesù.

« S. Giovanni o perché non crede a tanta gioia o per il troppo amore per il suo Maestro vuole accertarsene con i propri occhi. Poco dopo, con passo veloce e con volto riden­te, torna e va a portare la notizia a Maria. Ella esce di chiesa: il suo volto è composto a mestizia, un funebre manto le copre le spalle, innumerevoli candele le ardono intorno. Ap­pena Maria è giunta nel mezzo della piazza, si vede la Mad­dalena venire a ritroso, sorridente ed insieme guardinga quasi temesse perdere il suo Signore, che la segue.

« Il volto di Gesù è raggiante di gioia, un celeste sorriso gli erra sulle labbra. Avvolto in reale ammanto, con una co­rona in testa, sostiene con la vincitrice destra la bandiera, la quale un dì deve essere l’insegna della Cristiana Chiesa. Egli è bello e maestoso, in Lui si ammira l’Uomo Dio.

« Fra il pianto di commozione degli astanti, lo sparo dei mortaretti, il suono della banda e lo squillo delle campane Gesù incontra Maria, la quale, al comparire del divino figliuo­lo, ha gittato il manto nero e bella e con il sorriso sulle labbra si mostra agli spettatori”

 

   Il Ferro, che recuperò questa fonte, assimilò poi nel 1974 (in Frattamaggiore sacra) la manifestazione frattese a molte altre che si realizzavano in vari luoghi alla mattina di Pasqua (Lanciano, Sulmona, Polistena, Monteleone, Catanzaro), e soprattutto a quella antichissima, originata nel 1587,  di Antignano al Vomero. La descrizione del Ferro si riferisce alla festa delle statue del Vomero, ma con essa egli intendeva descrivere anche quella di Fratta:

 

  “Ogni anno questa festa si ripete. La Maddalena parte e va alla ricerca di Gesù, dopo aver girato per diverse strade incontra S. Giovanni ed insieme continuano a girare nella ricerca del Divino Maestro risorto, finalmente lo trovano ed in gran fretta vanno a darne la nuova alla Vergine, infine tutte le statue si riuniscono ed allora il popolo fa gran festa con scampanio festoso di campane, sparo di mortaretti e lancio di colombi; infine le quattro statue muovono la processione per il Vomero tra gli applausi. La funzione è molto suggestiva e pittoresca”.

 

Ancora oggi la realizzazione della manifestazione, affollatissima e molto attesa, è per molti aspetti affidata alla tradizione e alla spontaneità dei portanti che operano secondo un canovaccio trasmesso dal ricordo generazionale; e non mancano la cura del Comune e della Pro Loco, come i commenti qualificati degli storici, la verve dei presentatori e l’illuminazione delle guide ecclesiali. Per il futuro sarebbe comunque auspicabile una regia esplicativa maggiormente sostenuta, organizzata e dettagliata, per recuperare e partecipare più efficacemente i contenuti devozionali, pedagogici e comunicativi di una festa popolare che è sicuramente tra le più belle e più antiche della Campania.