Fractae: il paesaggio antico

ASSOCIAZIONE  PRO LOCO   ’Francesco Durante’

 Stemma del Comune di Frattamaggiore 

FRATTAMAGGIORE  (NA)

Statua del musicista Francesco Durante

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Beato padre Modestino di Gesù e Maria ofm, francescano frattese

 

 

 

 

 

 

LA PRO LOCO E LA RICERCA AGIOGRAFICA

Testi di Pasquale Saviano

Vita di santi: Sossio, Giuliana, Severino, Ciro, Antonio abate - Pubblicazioni della Pro Loco

 

 

Sommario

     Premessa

1.  I Santi Sosio Giuliana e Severino

2.  San Sosio e il paleo-cristianesimo nella Diocesi di Aversa

3.  Santa Giuliana: un esempio di santità al femminile che si celebra in Febbraio

4.  La memoria di San Severino abate, precursore del monachesimo occidentale

5.  La Traslazione dei corpi di San Sosio e Severino

6.  Dopo la Beatificazione di padre Modestino di Gesù e Maria

7.  Il culto di San Ciro

8.  Il culto di Sant’Antonio abate

 

 

Premessa

  La religiosità è patrimonio ineliminabile per una tradizione come quella frattese che vanta riferimenti antichissimi, legati al paleo-cristianesimo, ed espressioni vive e significative nell’attualità. La cultura locale trova, infatti, nella devozione ai Santi Patroni ed in altre forme di esperienza storico-religiosa la sua struttura fondamentale. Frattamaggiore è celebre per essere stata l’area vocazionale più attiva della religiosissima diocesi aversana; e per aver dato i natali a moltissimi uomini illustri, tra i quali si annoverano numerosi vescovi ed ecclesiastici. Nel 1995 un suo figlio, il francescano padre Modestino di Gesù e Maria , è stato proclamato Beato dal Papa Giovanni Paolo II. Il dialogo culturale sul paese, sulla sua storia e sulle sue attività, non può quindi prescindere dalle considerazioni circa la religiosità ufficiale e popolare.

   La Pro Loco ‘F.Durante’, in collaborazione con la Chiesa locale e l’Amministrazione Comunale si è fatta promotrice di varie iniziative tese al recupero e alla valorizzazione della memoria religiosa della Città. Tra queste iniziative si inquadrano la pubblicazione della Vita dei Santi Patroni (Sossio, Severino, Giuliana), della Vita di San Ciro Eremita, e della Vita di Sant’Antonio abate,  la devozione verso i quali trova in Frattamaggiore uno dei luoghi più importanti della Campania.  

   Altre iniziative e pubblicazioni sono quelle riguardanti  l’ ICONOGRAFIA DI SAN SOSIO e della DEVOZIONE POPOLARE, la celebrazione del titolo di CITTA’ BENEDETTINA e la GUIDA PER LA VISITA ALLE CHIESE.

Sul filone della ricerca agiografica e devozionale della Pro Loco si pone anche una serie di mostre/esposizioni  storiche-iconografiche e multimediali tenute in varie circostanze celebrative ed ambiti ecclesiastici:  Luoghi del beato Modestino – per la celebrazione del bicentenario del beato francescano frattese in San Sossio, Cento Volti del Santo pellegrino – per la festa patronale in San Rocco, Significato e Vita del grande eremita – per la festa patronale in Sant’Antonio.

  

 

 1 -  I SANTI SOSIO GIULIANA E SEVERINO

 

    San Sosio di Miseno, diacono e martire vissuto tra il III e IV secolo, è considerato nella devozione popolare come patrono dei temporali e, insieme con San Severino, liberatore delle anime del Purgatorio. La sua festa ricorre il 23 Settembre. Santa Giuliana di Nicomedia, vergine e martire vissuta tra il III e IV secolo, è considerata patrona delle giovani e delle partorienti. La sua festa ricorre il 16 Febbraio. San Severino abate, apostolo del Norico vissuto nel V secolo, è patrono dell'Austria e delle regioni slave danubiane. La sua festa ricorre l'8 Gennaio. I tre santi hanno vissuto la loro testimonianza di fede cristiana in luoghi, tempi e significati diversi. La loro memoria è unita nel luogo della comune conservazione delle reliquie, nel tempio della città di Frattamaggiore .

 

 

 2 -  SAN SOSIO E IL PALEO-CRISTIANESIMO NELLA DIOCESI DI AVERSA

 

    Un tema di notevole interesse per la storia del  Cristianesimo  in Campania è il raccordo tra le diocesi alto-medievali della Liburia (Atella, Cuma, Miseno e Literno), le quali furono unificate nell' XI secolo nella nuova sede episcopale della normanna Aversa. La diocesi aversana  ereditò infatti da quelle antiche componenti ecclesiastiche e territoriali espressioni di un paleo-cristianesimo che mancavano alla sua sede centrale.Quando nel 1053 fu istituito l'episcopato aversano, esso andava ad esercitare le sue attività su un territorio che era stato teatro di moltissime vicende dal punto di vista del Cristianesimo. In esso ebbero  luogo varie testimonianze e Passioni di martiri dei primi secoli; ed esso rappresentò l'area della costellazione delle suddette sedi vescovili contornate da numerose chiese sparse per le sue contrade. Nella nascente Diocesi aversana il Cristianesimo permaneva nei suoi luoghi primordiali, nella santità dei suoi martyria, e manteneva  riferimenti al passaggio sul territorio di Pietro e Paolo. I riferimenti apostolici, l'onore delle comunità dei primi secoli, le antichissime segnalazioni del Martirologio Geronimiano, le glorie monumentali dei martiri dell'epoca pre-costantiniana, continuarono a sussistere sul territorio. Le devozioni a S.Paolo l'Apostolo, a S.Sosio il Diacono misenate, a S.Giuliana la cumana, a S.Fortunata la patriense, a S.Elpidio e a S.Canione Vescovi  dell’agro antico, si intrecciarono con le espressioni della venerazione alla Madre di Dio e con le celebrazioni delle santità emergenti.Ancora oggi, cariche di antiche dignità, si intrecciano leggende e devozionalità che rimandano al primo Cristianesimo in Campania, e ai  legami che la Diocesi aversana, tramite le sue antiche componenti, possiede con quelle di Napoli, Pozzuoli, Capua, Nola e Benevento.

  S.Sosio, Diacono di Miseno vissuto tra il III e il IV secolo, è santo schiettamente campano; egli ha riferimenti devozionali sia nelle diocesi suddette che in campo internazionale; e la sua vicenda, vissuta con il Vescovo Gennaro di Benevento e con gli altri MARTIRI DELLA SOLFATARA, è ben nota e sostenuta da diffusa letteratura storiografica ed iconografica. Una visita al tempio a Lui dedicato in  Frattamaggiore, nei  giorni settembrini che contornano quello della sua celebrazione liturgica, può far scoprire l'impegno, la vivacità e la varietà delle manifestazioni culturali che i frattesi profondono e realizzano, con il concorso delle  Istituzioni pubbliche, per  il loro Patrono; ad onore della Chiesa locale e del Cristianesimo più antico della Diocesi.

 

 

 3 -  SANTA GIULIANA: UN ESEMPIO DI SANTITA' AL FEMMINILE CHE SI CELEBRA IN FEBBRAIO

 

   La santità al femminile riceve in Febbraio belle celebrazioni.Sante come Agata, Apollonia e Giuliana rimandano il ricordo delle Vergini Cristiane, martiri dei primi secoli, accomunate nella coraggiosa testimonianzadi fede ed esprimenti patrocini particolari. Santa Scolastica, sorella di S.Benedetto e patrona femminile del più importante ordine monastico, ci propone il fascino di una presenza discreta e potentissima che seppe ottenere dal cielo il fragore della tempesta in onore dello amore fraterno. La Madonna di Lourdes anima le lodi popolari pre-quaresimali e dona le anticipazioni spirituali delle aure primaverili e del soprannaturale. In questa santità al femminile, la quale riceve vario onore nel territorio diocesano, particolare menzione può farsi per Santa Giuliana. Ella è una santa 'diocesana' dal momento che Cuma per tutto il medioevo ne ha conservato le spoglie e la memoria devozionale. Fino al XIII secolo, infatti, la città flegrea fu sede episcopale autonoma e fu poi aggregata alla diocesi aversana. La città di Frattamaggiore da quel periodo  celebra la Santa come sua patrona principale insieme con S.Sosio, a testimonianza della sua leggenda d'origine che la vuole fondata da una componente di Miseno (IX sec.), sfuggita alle incursioni saracene, e da una componente di Cuma che portò poi la devozione giulianea. La Santa fu martire a Nicomedia nel 304-305; ed ella diciottenne per amore della fede cristiana rinunciò al matrimonio con il prefetto Eleusio, e subì il martirio con il vescovo Antimo, santa Barbara ed altri santi. Le sue spoglie furono venerate nella cattedrale di Cuma, oggi diruta, che le accolsero dopo il naufragio della nave che le conduceva  verso Roma.

Nella Napoli bizantina, Santa Giuliana, figura giovanile bella e brillante ed esemplare modello di Vergine Cristiana, suscitò una grande devozione popolare che fu sostenuta dalla monache del monastero di Donnaromita, le quali vivevano secondo i dettami della Regola di S.Basilio. Queste monache seguirono poi la Regola di S.Benedetto, e la devozione si estese ancora più in tutti i luoghi della cristianità ove viveva la testimonianza benedettina.

Dopo la distruzione di Cuma del 1207 la devozione alla santa registrò ulteriori esiti. Colonie di cumani fuggitivi portarono a Giugliano e a Frattamaggiore la devozione alla Santa, dedicandole chiese patronali, chiese campestri ed edicole sparse; recuperando così la diretta memoria celebrativa e liturgica dell'antica comunità ecclesiale di Cuma. In quell'epoca le reliquie di santa Giuliana furono deposte nel monastero di Donnaromita; successivamente si registrarono vari altri eventi percui si pensa che queste furono trasferite prima nel convento delle Clarisse di Santa Chiara e poi, come dicono alcuni storici, nel monastero benedettino di Montevergine in provincia di Avellino.

La devozione per questa Santa, che tra l'altro è patrona delle partorienti, è una espressione del più antico cristianesimo della diocesi, ed è valorizzata oggi da riferimenti molteplici che attengono la spiritualità giovanile, l'ecumenismo e la storia locale ed agiografica.

 

 

 4 -  LA MEMORIA DI SAN SEVERINO ABATE, PRECURSORE DEL MONACHESIMO OCCIDENTALE

       

   Il Monastero Benedettino napoletano dei SS. Sosio e Severino, attualmente sede dell'Archivio di Stato, custodendo le spoglie dei due Santi, aveva per secoli, dal medioevo bizantino e ducale, assicurato alla cultura europea la devozione cristiana verso il Santo abate precursore del monachesimo occidentale. Questi, infatti, alla frontiera danubiana della vecchia Romania, aveva evangelizzato le terre austriache, iugoslave e ungheresi, nel V secolo, in pieno tempo di invasioni barbariche. La sua evangelizzazione si era sviluppata in connessione con la fondazione di diversi monasteri, a partire dal luogo della odierna Vienna, e con l'esercizio di una carità sociale che faceva leva sulla istituzione della decima da distribuire ai poveri e sui buoni consigli ai potentati barbarici, i cui rappresentanti finirono per venerarlo e rispettarlo come poi fece Odoacre. La sua funzione, precorritrice di quella di S.Benedetto da Norcia, di difesa della civiltà cristiana ed occidentale, si era svolta attuando un monachesimo con riferimenti mistici ed eremitici di provenienza orientale, e inoltrandosi per le vie dell'applicazione di una regola dal Santo più vissuta che scritta, più dialogata con i suoi monaci che formalizzata in un codice comune.

L'antico cenobio napoletano del Lucullano (oggi Castel dell'Ovo), che ospitò in un primo momento le spoglie del Santo, divenne un faro di cultura e di vita spirituale; un faro che oggi, sulla scorta di studi recenti fatti sull'opera dell' abate Eugippio suo discepolo e suo agiografo principale (la Vita Sancti Severini è uno dei documenti più notevoli a disposizione della storiografia dell' alto medioevo), si riscopre alla base e al centro di quelle influenze che portarono alla successiva formalizzazione del monachesimo benedettino a Montecassino e ad altre esperienze simili e coeve, come quella di Cassiodoro a Vivario in Calabria, le quali, notoriamente, sono poste dagli studiosi alle origini del fenomeno monastico e cenobitico europeo.

Il tempio patronale di Frattamaggiore dal 1807, epoca dell'eversione feudale napoleonica che abolì il monastero napoletano ed epoca della traslazione guidata dal Vescovo M. A. Lupoli, offre accanto a quello preparato per S.Sosio, patrono cittadino, un luogo degno e sacro al riposo del corpo del Santo Apostolo del Norico, il quale è anche uno dei patroni principali dell'Austria. Il tempio è oggi così erede di una devozione per la quale persone semplici e personalità, locali ed austriaci, studiosi e cultori della storia del cristianesimo medievale, visitano le reliquie del Santo ricevendo grazie di liberazione spirituale e stimoli all' impegno e all'apostolato evangelico e caritativo.

 

 

 5 -  LA TRASLAZIONE DEI CORPI DI SAN SOSIO E SEVERINO

 

Il 31 Maggio di ogni anno, a partire dal 1807, la Chiesa frattese ricorda la traslazione dei corpi di S.Sosio e di S.Severino, dal monastero benedettino napoletano soppresso alla parrocchiale principale del paese. Il monastero benedettino,dedicato fin dal medioevo ai due Santi, è oggi sede dell'Archivio di Stato; ed un tempo nella sua cripta si veneravano le spoglie dei due Santi, uniti nella comune devozione nel periodo delle invasioni saracene ma richiamanti con le loro storie vicende ed epoche diverse. Il giovane diacono di Miseno, Sosio, figura celebre del cristianesimo antico, fu martire alla Solfatara con il Vescovo beneventano Gennaro e con altri compagni delle chiese campane, circa nel 303-305. L'Abate precursore del monachesimo occidentale, Severino, fu invece fondatore di comunità monastiche ed apostolo delle genti barbare alle  frontiere danubiane dell'impero romano, per circa un ventennio alla fine del V secolo.

Vicende ed onori diversi si registrarono per i due Santi, nei secoli alto-medievali. A Napoli, dove venne traslato il suo corpo dalla Pannonia, Severino ebbe dedicato il celebre cenobio dell' insula nel Castel dell'Ovo, faro di cultura e punto di equilibrio religioso e civile tra Bizantini e Romani, tra Oriente ed Occidente. Il timore delle incursioni saracene consigliò, poi, la Chiesa napoletana di conservare le spoglie dell'Abate nel  monastero benedettino costruito tra le mura della città  A Miseno San Sosio ebbe dedicata la Cattedrale, che fu distrutta dai Saraceni nel IX secolo. Giovanni, diacono del monastero napoletano, ne rinvennne le spoglie e fu suo agiografo principale nel X secolo, quando, dopo aver trasferito i resti del giovane martire nello stesso monastero benedettino, ebbe l'incarico dal Vescovo di Napoli di raccontarne anche la vita. Nel corso del tempo il monastero benedettino dedicato ai due Santi, che ebbe nello stemma il simbolo del bacolo pastorale dell'Abate e della palma del martirio del giovane diacono, divenne centro devozionale  importantissimo nell'area meridionale (la visita alla tomba dei Santi consentiva di liberare le anime del Purgatorio) e controllò moltissimi beni e territori. Frattamaggiore, che ospitò una colonia di misenati scampati alle orde saracene, celebrò subito San Sosio come patrono  principale, e a lui, a S.Giuliana e a S. Maria degli Angeli, dedicò la splendida basilica  romano-gotica al centro della città. L'eversione feudale del periodo napoleonico portò alla soppressione del monastero napoletano. Ed i Frattesi, guidati dal concittadino Arcivescovo Michele Arcangelo Lupoli, sottrassero alla spoliazione delle chiese, in atto a quella epoca, i corpi di S.Sosio e di S.Severino e li  trasportarono solennemente a Frattamaggiore il 31 Maggio del 1807. San Severino è anche un Santo che l'Austria celebra come Patrono principale. Per questa ragione, grazie alle relazioni stabilite, nella fraterna comunione, con le Autorità religiose e molti pellegrini e visitatori Austriaci, si moltiplicano i contatti con quella nazione.

Da qualche tempo si registra anche la riscoperta e la rivalorizzazione dei connotati storico-religiosi della commemorazione dei due Santi, che appartengono a pieno titolo anche alla tradizione del monachesimo benedettino, il  quale per secoli ne ha sostenuto lo devozione ed che ancora oggi contribuisce ad onorare con l'arte, la musica sacra e la pubblicazione dei risultati della ricerca storica ed agiografica. Esempi ne sono un concerto di P.D.Silvestro Priori osb e le pubblicazioni sosiane giulianee e severiniane sul SACRO SPECO di Subiaco.Con un ruolo non secondario operano, in questa riscoperta e anche per la valorizzazione delle risorse legate alla promozione del pellegrinaggio al Luogo dei Santi, l'Amministrazione Comunale , la  PRO LOCO 'F.Durante' ed altre Associazioni e organizzazioni, che nel 'gemellaggio’ e nella promozione dell'interscambio socio-culturale individuano momenti preliminari ed importantissimi per stabilire fatti produttivi, promotori di ospitalità e pregnanti di civiltà.

 

 

 6 - DOPO LA BEATIFICAZIONE DI PADRE MODESTINO

 

   In giro per la città natale, Frattamaggiore, nei luoghi che lo hanno visto presente in vita, dopo la sua morte e dopo l'avvio a Roma, alla fine del secolo scorso, del lungo processo di beatificazione, di Padre Modestino di Gesù e Maria era rimasto il ricordo popolare, la leggenda umile che si trasmetteva dal nonno al nipote nel racconto fantastico. Si narra, egli era apparso al vecchietto alle prese con un cero da accendere dinanzi all'edicola della Madonna, all'angolo della via del quartiere paesano. L'edicola era posta troppo in alto e il monaco francescano, nel quale il vecchietto riconobbe poi con meraviglia il Beato, si offrì egli di porgere l'omaggio all'effige; e si sollevò levitando fino a raggiungerne l'altezza. "Questo monaco è miracoloso"  raccontava il nonno ad un amico mio, mostrandogli il quadretto del Beato compunto davanti al crocifisso al riflesso della teca della Madonna del Buon Consiglio e con l'indice tra le pagine del Salterio. Di altri incontri incoraggianti e di apparizioni miracolose, di aiuti alla vita nascente e di consolazioni nelle afflizioni, si narra ancora di questo frate, al quale la devozione tributava sicuri onori. Oggi molti ricordano i luoghi dell'infanzia e la casa dei nonni, ritornando al tempo in cui non esistevano le moderne periferie; e ricordano gli unici grandi vani domestici, le suppellettili frammischiate ai letti altissimi e ai mobili ingombranti; e l'altarino casalingo e il comodino con su di essi, tra il lume e il ricordo dei cari e dei santi, il quadretto di Padre Modestino. Oggi si cerca anche di riscoprire il sito della casa natale, rifusa nell'antico reticolo paesano e che, in forza di un vecchio documento parrocchiale, si può individuare in un luogo della via sorta in epoca aragonese a ridosso della 'Chiazza 'o Vicario': Via dei Sambuci, o dei Samuci nelle prime menzioni, che attualmente corrisponde a Via Riscatto; una via ricca di storia, di leggende e di edicole votive. Oggi, a qualche anno dalla beatificazione, il processo ufficiale e la letteratura storica hanno recuperato del Beato ormai gli aspetti essenziali della sua vicenda terrena e della sua santità, e si è avviata la ricerca della casistica che configura la sua leggenda popolare e i suoi 'Fioretti'; sulla scia della più genuina tradizione francescana e della relativa aura spirituale ed edificante che non è mai mancata per P. Modestino nella devozione popolare. Egli è stato solennemente beatificato il 29 gennaio del 1995 in San Pietro, ed è stata splendida festa di Chiesa e di popolo, prima e dopo questa data. L'impegno della Diocesi, la Missione francescana, lo spirito assisano, il fervore delle iniziative, i gruppi sorti, sono divenuti realtà continua, riferimenti culturali e devozionali di forte espressione. La bibliografia sul Beato ed il prodotto pubblicistico sono diventati abbondanti e qualificanti. Molti autori si sono cimentati nella ricerca e nella ufficializzazione delle loro considerazioni. Celebrazioni e solennità si sono susseguite con enfasi ed umiltà, coinvolgendo le strutture religiose e quelle civili. Il Beato Padre Modestino di Gesù e Maria fa ormai parte del patrimonio locale ed è divenuto un modello irrinunciabile.

 

 

7 – IL CULTO DI SAN CIRO

 

 Tra la fine del '600 e l'inizio del '700 la diffusione  del culto di San Ciro trovò nell'area napoletana un terreno  particolarmente fertile ed un divulgatore d'eccezione: il padre  gesuita San Francesco De Geronimo, nato a Grottaglie, in provincia  di Taranto nel 1642 e morto nella Casa gesuitica di Napoli nel 1716.

 La vita prodigiosa di questo santo si sviluppò nella  Napoli del-l'epoca attraverso una continua  missione catechetica   svolta di-rettamente tra il popolo e con l'ausilio manifesto della devozione

alle reliquie di San Ciro. La sua opera, svolta nei bassifondi na-poletani, tra  Piazza Castello ed i  Quartieri Spagnoli, e portata personalmente nei  Casali circostanti, fu accompagnata, infatti, da migliaia di  conversioni spirituali e da clamorosi miracoli che il santo gesuita attribuiva al divino intervento di san Ciro.

Il culto di san Ciro nel Regno di Napoli, dopo quegli avvenimenti che videro l'opera di san Francesco De Geronimo, fu assicurato dai Padri Gesuiti  che lo sostennero continuamente con le missioni popolari e con la costituzione di un ricco  Monte di San Ciro , destinato al culto del santo e all'aiuto per le donne in difficoltà. La Compagnia di Gesù, sciolta una prima volta nel periodo napoleonico, riprese nel 1814 il culto di San Ciro che si era  trasferito nella vicina chiesa di Santa Chiara; e nel 1860, dopo  un  secondo scioglimento in epoca garibaldina, essa curò l'ultima  traslazione delle ossa del santo dalla Cappella del Grande Reliquario a quella eretta in onore di san Francesco de Geronimo, ove tuttora sono.

   Al 1860 risale una ulteriore diffusione del culto di San Ciro nel  napoletano, arricchita  della  dedicazione di chiese proprie, come a Portici, e  di Cappelle significative, come a Frattamaggiore, ed onorata con la custodia di reliquie del santo.

  A quell'epoca il culto di San Ciro a Frattamaggiore trovò il suo consolidamento  nella  Chiesa del Carmine e di San Nicola, situata al  centro  dell'antico casale nell'area ecclesiale sorta in epoca

medievale. Quella Chiesa, la cui esistenza era già documentata nel XIII  secolo  dalla    Ratio Decimarum, e che fino alla metà del secolo scorso consisteva in una Cappella con 3 altari dedicati alla  Madonna del Carmine, a Sant'Anna e a San Nicola, si ingrandì e, immediatamente  dopo  l'Unità d'Italia, si arricchì dell'altare con  la  statua di San Ciro ad opera della famiglia Micaletti. Una reliquia del santo venne poi custodita dalla Congrega annessa alla Chiesa.

Dal 1960 la chiesa del Carmine in Frattamaggiore, che è anche identificata come Chiesa di San Ciro, è dislocata per la cura delle anime nell'area  a nord della città ove si è sviluppata una nuova urbanizzazione. Intorno  ad  essa  il 31 Gennaio di ogni anno, nel giorno  della  festività  del  Santo Martire Eremita, si svolge  una delle più sentite feste devozionali della Campania.

 

 

7 – IL CULTO DI SANT’ANTONIO ABATE

 

   Dal XVII secolo è formalmente presente il culto di Sant’Antonio abate in Frattamaggiore: nella Chiesa dedicata all’Annunziata e a Sant’Antonio esiste un altare dedicato al santo che è sormontato da una magnifica statua lignea. L’inserimento del culto antoniano in quella chiesa ha sicuramente motivazioni ancora più antiche, e nella dinamica socio-religiosa del passato esso si spiega con il carattere rurale della comunità paesana e con le attività assistenziali e congregazionali che si diffusero nella diocesi di Aversa (Aversa, Giugliano, Frattamaggiore) a partire dal XV secolo con l’istituzione religiosa ed ospedaliera della Annunziata (Ave Gratia Plena).

   Intorno alla chiesa ancora oggi si allestisce una delle più importanti feste regionali dedicate al santo eremita e l’altare del santo è meta di un pellegrinaggio devozionale antico che si ripropone in maniera intensa pure nella modernità. Molte sono anche le attività e le tradizioni popolari che ancora persistono ed hanno luogo nel giorno della festa del santo, consentendo il recupero di un patrimonio di valori e di comportamenti ed il mantenimento di un legame antico e rispettose tra le generazioni locali.