LA RICERCA

DI DIO

 

Da: Divagazioni, 1964

LA VOCE DI DIO

L’ho sentita un sera d’autunno

mentre in cielo splendeva la luna;

nel silenzio dell’ora che imbruna,

quella voce mi parla. Perché?

 

Tra i cespugli fioriti m’aggiro,

percorrendo boschetti e colline

l’occhio volgo per l’onde marine,

quasi un duolo celando nel cor.

 

Allor quando, fra l’ombre notturne,

mugghia il vento nel rigido verno,

assonnato, sul chiuso quaderno,

a me stesso domando: dov’è?

 

Mentre, solo, con gli occhi pensosi,

guardo in alto con tanto desio,

dico al cielo con animo pio:

quell’ascoso richiamo sei tu?

 

Fra i tormenti dell’alma trafitta,

nella gioia di santi desiri,

quella voce, con dolci sospiri,

io la sento: nel core mi sta.

 

 

GRANDE IL TUO NOME

Allor quando, d’un tacito lago

su l’onda tranquilla

volgo l’occhio, nell’ora che imbruna;

 

quando ammiro, trapunto di stelle,

un lembo di cielo

con un canto di pallida luna;

 

se a guardare mi pongo gli augelli,

la greggia dei campi

e le bestie che il mondo rinserra;

 

se di vecchi canuti dolenti,

di vergini vaghe

e di pargoli è piena la terra;

 

grande il tuo nome, Onnipotente Iddio!

 

 

ANELITI

Signore dei cieli,

perché l’anima mia è turbata

e il Nemico m’affligge nei di?

 

Ti chiamo di notte,

ma nel pianto qualcuno sogghigna

e mi dice — Il Signore dov’è?

 

Qual cervo assetato

a Te vengo da lungi ed affranto

perché il duolo mi punge nel cor.

 

Rivela il tuo volto,

o Signore dall’alto dei cieli,

ed allieta la mia gioventù.

 

 

IL TEMPIO

Dall’alto la squilla d’argento

alla preghiera invita,

mentre un raggio di sole cadente,

il sacro tempio,

dalle vetrate penetra e risplende.

Sensazione infinita, divina,

inondata di pace serena!

dallo sfondo la debile fiamma,

nel silenzio riluce,

ombre stampando giganti.

Fuori, il dolore

e vane parole:

di rumori e di voci un confuso,

precipitosa fuga di persone,

di carri frementi

l’infaticata corsa,

il continuo vociar dei venditori.

Passa l’età fiorita con lo sguardo

di sogni e di sorrisi.

Passa…

come passano tutte le cose.

Nella sera assonnante

l’umano frastuono si attenua;

altrove ritrovi notturni,

nuovi affanni con danze canore.

Solo Tu vegli, o Cristo Signore.

Antico tempio,

nave sicura in tempestoso mare,

vedetta illuminante

la fuga dei tempi,

salve, o stabile faro,

lembo di cielo in terrena bufera !

 

 

IL SACERDOTE

Fattore di beni eternali,

innalza i divini misteri

tra lande, sui monti e nei piani

lontani.

 

Ornato d’eceelsi poteri,

consacra la cuna e la bara,

sussurra “va in pace; il perdono

ti dono”.

Al vecchio sul letto morente,

il Pane dei forti dispensa

qual cibo che all’ultimo agone

dispone.

 

Dal monte inondato di luce,

all’uomo nel pelago infido,

sicuro, la Speme Infinita

addita.

 

 

ALLA RICERCA Dl DIO

Sovente ti chiamo, Signore,

errante infelice smarrito;

da tanti peccati ferito,

io grido nel pianto e dolore.

 

Ahi! sono tra i flutti del mare

con debole nave squassata;

se viene la morte spietata,

tu solo mi devi salvare.

 

Pensoso, col cuore in affanni,

misuro le selve romite;

ti prego per valli fiorite

da presso, da lungi, per anni.

 

Ti chiamo negli aspri tormenti,

plorando con dolci sospiri

e soffro nel duolo i desiri

dagli occhi miei languidi e spenti.

 

 

Da: Parole chiare, 1970

QUALCUNO CI ASPETTA

Abbiamo dimenticato molte pagine del vangelo, se non addirittura tutto il vangelo: ci siamo attaccati alle realtà terrene, abbiamo riposto le speranze nel danaro, viviamo per questo e ci accorgiamo d’essere infelici.

Il disordine sociale è il risultato dei nostri compro­messi quotidiani; il disordine morale è il prodotto della nostra vita paganeggiante. L’infelicità, dunque, è il frutto delle nostre mani.

Dio non può essere causa del nostro male, né fisico né morale.

L’uomo moderno pensa di poter fare a meno di Dio, e non crede più che dopo la morte c’è realmente un altro mondo.

Se così fosse, perché la coscienza ci rimprovera?

A che vale, dunque, l’onestà, a che conta la virtù, perché sacrificarsi per niente se la partita terrena si chiude per sempre con lo sfacelo della carne?

Tutto sarebbe vano, anche la fede!

No. C’è Qualcuno che ci aspetta di là.

 

PREGHIERA DI IERI E DI OGGI

Ricordo che, al tempo della mia fanciullezza, pas­sando la sera per le vie della città, sentivo recitare le Ave Maria in coro, attraverso gli usci delle case.

Era come una polifonia orante che s’innalzava in un crescendo meraviglioso dalla terra al cielo. Ogni fo­colare diventava così un tempio.

Oggi, in molte case non si prega, perché i figli de­vono vedere la televisione, la mamma ha tante cose da pensare, il papà è stanco…

In molte case, in ossequio al progresso, si è demo­lito finanche il focolare, presso il quale si riuniva la fa­miglia per la preghiera serotina.

E’ necessario pregare, perché la preghiera frena lo sdegno di Dio, ci aiuta a vincere le tentazioni, ci fa su­perare le difficoltà e ci salva dai pericoli. “Chiedete ed otterrete, affinché la vostra gioia sia piena” (Giov. XVI-23).

 

IL SANTUARIO

Il  santuario è un luogo sacro che rivela, attraverso il risveglio religioso, un fatto soprannaturale. Il santua­rio è la sospirata oasi nel deserto del mondo, è un sof­fio spirituale nel pantano della vita materiale, è la vena d’acqua tra i campi aridi, è la vigile scolta.delle nostre valli, è il lumicino posto sul candelabro, è il parafulmine della giustizia divina, è un lembo di cielo disceso sulla terra.

Nell’incerta corsa di questa vita, salgano i pellegrini oranti ai monti di Maria: lassù, dov’è il Silenzio, dov’è la Pace, dov’è l’Amore.

 

LA MADRE

Benedetta colei che sa penetrare nell’animo dei fi­gli! benedetti quei figli che, nel cammino della vita, san­no praticare i consigli che appresero sulle ginocchia ma­terne. La mamma è presente nella vita dei figli, ed il suo volto, un suo gesto, una sua parola, un suo sorriso hanno un influsso benefico sul loro avvenire; dalle sue mani è facile passare in quelle della Madre di Gesù: il tratto di unione è la recita in comune della salutazione angelica.

L’incontro tra persone conosciute si esprime con il saluto, si conclude talvolta amichevolmente con una stretta di mano; l’incontro del credente con la Madonna si manifesta in modo speciale con la preghiera dell’Ave Maria, che è il saluto del figlio alla Madre, la comunione dell’umano con il soprannaturale, l’unione del visibile con l’invisibile l’incontro della terra col cielo. Dopo il Padre Nostro, che è senza dubbio la più eccellente delle preghiere, perché uscita dal cuore e dalla mente di Gesù, viene l’Ave Maria, detta anche salutazione angelica giac­ché incomincia con il saluto dell’Arcangelo Gabriele a Maria SS.

Ogni giorno, come una lenta melodia, da un capo all’altro della terra, nel più alto dei cieli e nel più pro­fondo degli abissi, s’innalza il saluto alla Vergine: le cam­pane delle città e dei villaggi ricordano agli uomini le salutazioni del mattino, del mezzogiorno e della sera; ed il sacro suono, che si disperde nei campi, echeggia nell’aria, passa invisibile come un mormorio tra gli al­beri fronzuti e suggerisce all’animo pensieri di bontà, richiamando alla mente ricordi del passato.

 

CERCHIAMO DIO

Quante volte Egli ha bussato alla nostra anima e non abbiamo ascoltato!

I monti e le valli lodano Dio, le piante e i fiori lo­dano il creatore, le foreste e i boschi cantano il Signore…Cerchiamo Dio nel vento che sibila e nell’onda che geme; cerchiamo Dio nel profumo dei fiori e nel canto degli uccelli; cerchiamo Dio nel bimbo che prega e nel vecchio che muore.

Molti cercano Dio nel chiasso mondano, nel piacere fallace, nella bellezza caduca. Il rumore passa e non tor­nerà più; il piacere passa e non verrà più; anche la bel­lezza passa e non tornerà più.

E vero! v’è molto rumore esterno e poco silenzio interno; pochissimi sanno appartarsi nel ritiro della propria anima, O silenzio di chiesa e di chiostro, silen­zio dei boschi e dei monti, silenzio d’azzurro e di cielo, sei come l’acqua ristoratrice ai campi bruciati dal sole, sei come la pausa divina tra i rumori del mondo!

Se il silenzio del tempo è così misteriosamente di­vino, ricco di profondi sentimenti e di richiami ultrater­reni, come sarà mai il silenzio eterno?

 

 

 

Da. Dove vai?, 1978

RIFLESSIONE

 L’interesse per il rinnovamento da molti è stato rivolto alla trasformazione esteriore, piuttosto che al rinnovamento dello spirito. Riformare non significa ridurre i dogmi e le pratiche religiose per il pru­rito di novità; la riforma non consiste nell’accorciare gli abiti o nel rinnovare le suppellettili. No!

« Un poco di calma, di riposo, di ritorno, o Signore! Un poco di preghiera in ginocchio con la testa fra le mani! ». Se vogliamo rinnovare il mondo, cominciamo col rinnovare noi stessi. Dobbiamo tornare a Dio, dobbiamo risorgere. Il battesimo ha fatto di ciascuno di noi un risorto ed il programma di noi risorti in Cristo è la ricerca della verità e il compimento di opere buone. Questa è la realtà di tutti i tempi e in questa divina realtà noi cristiani viviamo, «In Dio noi viviamo, ci muoviamo e siamo »(Atti 17,28).

 

VALORE DEL TEMPO

Alla sera ognuno si ponga per pochi minuti ai piedi del Crocifisso per of­frirgli le azioni della giornata. Il tempo bene speso non è quello in cui si è fatto un grande affare, ma quello in cui si sono guadagnati molti meriti. Sotto l’orologio di un isti­tuto religioso si legge questo distico:

 

« Tempora labuntur: labentia tempora signat

machina. Discamus durn fugit hora mori »

 

           Il tempo passa: l’orologio misura il momento che scorre. Impariamo a morire mentre fugge l’ora.

 

 

Il  tempo vale tanto quanto Dio medesimo, perché ogni istante bene impiegato può acquistarci il regno dei cieli per tutta L’eternità. Noi trascorriamo molte ore nelle occu­pazioni domestiche, nel lavoro, nel riposo, nel divertimento o addirittura nel compiere il male. Alla fine della vita Dio non ci chiederà conto dei guadagni realizzati, dei gioielli accumulati nel forziere, degli assegni depositati nella cas­setta di sicurezza, ma unicamente dell’impiego sacro del tempo.

Affrettiamoci! Lasciamo una buona volta le vane preoc­cupazioni e, in prossimità del traguardo, percorriamo il cammino con più lena per riguadagnare il tempo perduto. Il passato è morto. Sfruttiamo il presente e, secondo le nostre possibilità, modifichiamolo. « Il tempo presente è tutto al servizio della vita eterna ». Bisogna saper seminare al momento opportuno; non lasciamo trascorrere invano i momenti della grazia. «Temi il Signore che passa»(S. Agost.). Forse la morte ti attende all’angolo della strada.

 

 

GRATITUDINE E INGRATITUDINE

L’ingratitudine è un frutto amaro; lo sappiamo per­ché tutti lo abbiamo assaggiato un poco. Quelli che sono beneficati si dimenticano dei benefici ricevuti, anzi vanno contro i loro stessi benefattori. Questo avviene ogni giorno nel mondo. Tutti ricevono benefici da Dio e non tutti lo ringraziano per il bene ricevuto. Ogni uomo vive nei be­nefici divini come il pesce nell’acqua e l’uccello nell’aria. Difatti, chi ci ha dato la vita? Certamente Dio. Chi la cu­stodisce? Dio. Chi ci mantiene in salute? Dio. Chi ci con­serva la mente sana? Dio. Chi ci offre il tempo di fare il bene? Dio. Se abbiamo dei beni di fortuna, di chi sono? di Dio. Chi ci ha infuso la fede? Dio. Sempre Dio incon­triamo sul nostro cammino, come un padre tutto intento al benessere dei suoi figli. Eppure molti cristiani si alzano al mattino senza innalzare un pensiero a Dio…

L’ingratitudine, come il vento del deserto che brucia le erbe, dissecca la fonte stessa dei benefici divini. Difatti a che sprecare i doni di Dio con chi non li apprezza, o se ne serve per offenderlo? Coltiviamo il senso della grati­tudine che è come il profumo dell’amore. E’ nostro dovere, anche nostro interesse: il mostrarsi grati ci attira doni sempre migliori da Dio…

Anche noi abbiamo motivi di ringraziare il Signore, il quale si prende cura di noi, gover­nando il mondo, regolando il giorno e la notte, disponendo le stagioni, moderando gli avvenimenti umani con ordine tale che, non cade una foglia dall’albero o un capello dal nostro capo, senza il suo permesso.

Di più, Dio si è fatto uomo per salvarci dalla schiavitù del peccato e liberarci dalla pena eterna, patendo e mo­rendo sulla croce. Ancora, Egli sopravvive a sé medesimo nell’Eucarestia dove resta nascosto e spesso offeso dalle irriverenze, dalle profanazioni, dai sacrilegi. Ciò nonostante ci istruisce con la sua chiesa, fedele custode della vera dot­trina. Veramente è cosa giusta ringraziare il Signore in ogni tempo e in ogni luogo. Quanto più saremo ricono­scenti a Dio, tanto più attireremo sopra di noi nuove grazie. Come le acque dei fiumi che ritornano al mare, trasfor­mate in nuvole in rugiada in pioggia alimentano gli stessi fiumi, così le grazie da noi ricevute per mezzo della rico­noscenza a Dio ci ritorneranno in pioggia di nuove grazie. Invero l’ingratitudine, sinonimo di peccato, arresta il corso delle grazie ed esaurisce, come vento estivo, la sorgente delle divine misericordie. Il Cuore di Gesù è il modello perfetto di gratitudine nella SS. Eucarestia dove si offre continuamente per noi, ostia di ringraziamento al divin Padre. Se noi vogliamo partecipare al suo ringraziamento, dobbiamo unirci a Lui nella santa Comunione. Facciamo in modo che tutta la nostra vita sia un continuo ringra­ziamento perché la nostra eternità possa essere un inno perenne di grazie nella gloria dei cieli. « Signore mio Dio, date al mio cuore una sincera penitenza, alla mia anima una vera contrizione, ai miei occhi una sorgente di la­crime » (S. Anselmo).

 

BONTÀ DEL SILENZIO

Come i naufraghi tra i vorticosi flutti, gli spiriti mon­dani, affogati nella babele cittadina, si dibattono ne! tur­binio delle passioni con il desiderio inquieto di trovare la gioia ed d riposo. Nel frastuono del mondo sfugge qualche cosa; per prendere una risoluzione è necessario il racco­glimento: da esso, infatti, nacquero le decisioni dei santi, degli eroi e degli scienziati, decisioni laboriosamente fil­trate attraverso il silenzio creatore. Il silenzio matura il pensiero ed eleva lo spirito… Lo stesso Gesù, dopo una giornata di lavoro aposto­lico… av­vertiva la necessità di ritirarsi, solo, sul monte. Il discorso delle beatitudini fu pronunciato sul monte; sul Tabor av­venne la trasfigurazione, sul Calvario la crocifissione, sul monte Oliveto l’ascensione.

Il silenzio davanti agli uomini è colloquio con Dio: il            silenzio è chiudere la porta alle creature e aprirla al Creatore. Il colloquio continuo con gli uomini finisce per ostacolare il dialogo con Dio. L’uomo ha bisogno di si­lenzio per pregare, per vincere, per santificare; deve tacere per ascoltare il Signore…

Laborioso silenzio, ricco di ricerche e di studi fecondi! Silenzio della mente e dell’anima, silenzio di pazienza e di pace, silenzio che conquidi, che insegni, che produci! …

 Dio ha dato il canto agli uccelli, la parola agli uomini: la parola è il segno del prodigio di Dio nell’uomo; il si­lenzio è la risposta dell’uomo a Dio, l’appuntamento tacito con Dio durante il quale l’anima vi si adagia per ascoltare il soffio delle cose di lassù. A ragione i santi monaci, conservatori e diffusori del silenzio religioso, hanno fondato i loro ritiri sulle vette solitarie o sulle pendici dei monti.

 

 

 

MEDITAZIONE

In uno dei pomeriggi estivi mi trovai nella chiesa di S. Francesco Saverio: eravamo compagni il silenzio ed io. Dalle vetrate entrava a fiotti l’aria calda, non sentivo alcun rumore, ogni tanto un banco scricchiolava, ero come fa­sciato dal silenzio eterno, avvertivo paurosamente la po­tenza del mistero. Silenzio di chiesa e di chiostro, silenzio dei boschi e dei monti, silenzio d’azzurro e di cielo, sei come l’acqua ristoratrice ai campi bruciati dal sole, sei come la pausa religiosa tra i rumori del mondo, sei come il respiro del tempo nel sonno dell’eternità!

Com’era bello pregare in quel momento! Le preghiere, sbocciate sul mio labbro, erano per così dire l’eco del mi­stero di Dio. Ad un tratto la semplice preghiera si intrecciò con la meditazione, il colloquio si accompagnò con il si­lenzio, l’umano si fuse con il divino; i pensieri, come onde marine, si susseguivano senza posa e perdetti la concezione della realtà e del tempo.

Pensavo: — Quanta gente è venuta in questo luogo per cantare le lodi del Signore? Due secoli fa com’era que­sta chiesa? Tra un secolo chi la frequenterà? Quanti avve­nimenti lieti e tristi sono stati commemorati in questa chiesa?

 

IL SUONO DELLA CAMPANA

 La voce della campana non appartiene al tempo, è la pa­rola del cielo, il segnale della preghiera, il richiamo della grazia. La campana con il suo suono verginale porta nel mondo qualcosa di veramente grande e fa rievocare im­magini lontane con animo sereno; essa dà fastidio perché ricorda quello che si vuole dimenticare come la vita dei buoni è un rimprovero continuo per i cattivi…Il suono della campana offre l’opportunità di dedi­care un poco di tempo a Dio; noi abbiamo assoluto biso­gno di Dio e senza di Lui nulla possiamo. Tutti i giorni della nostra esistenza appartengono a Dio, noi ve­niamo dal cielo e andremo al cielo. Noi trascorriamo le giornate nel lavoro, nel riposo, nel sollievo, nei teatri, nei circoli ricreativi; stiamo tanto poco con Dio.

Nel coro di S. Damiano in Assisi si legge questa Iscri­zione: « Non la voce, ma il sospiro, non il clamore, ma l’amore; non l’arpa, ma il cuore salmeggi all’orecchio di Dio. La lingua s’accordi con l’anima e l’anima s’accordi con Dio ». Com’è bello, al suono della campana, consa­crare al Signore l’azione che si sta compiendo!

 

LA COSCIENZA DELL’UOMO

Se leggi immutabili ed eterne regolano l’istinto degli animali e il moto degli astri, a maggior ragione vi dovrà essere una legge che regola le azioni degli uomini. Immagi­niamo per un istante l’universo senza la presenza dell’uomo. Chi avrebbe lodato il re della natura? Perché Dio avrebbe creato l’universo? Il mondo senza l’uomo sarebbe stato come un gran libro chiuso, uno scrigno d’oro senza il pa­drone. E’ l’uomo che anima il mondo con la sua attività intelligente e libera, che dispone delle ricchezze della ter­ra ed eleva con atto cosciente la mente ed il cuore al Si­gnore. Dio, pertanto, non poteva creare il mondo senza aver pensato all’uomo. Davide così canta nel salmo ottavo:

« Quando contemplo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato; che mai è l’uomo, mi dico, perché ti ricordi di lui? ».

« La legge — secondo il pensiero di S. Tommaso — e un comando della ragione, emanato per il bene comune da Colui, che ha cura della comunità, e reso sufficiente­mente noto ai sudditi ». Dio, legislatore supremo, non contento di aver dato all’uomo la legge eterna, naturale e primitiva, volle imprimere nell’anima una norma inte­riore: la coscienza. Questa regola interna è il giudizio pra­tico della moralità di un’azione che stiamo per compiere. La coscienza, cioè, giudica se la tale azione sia conforme o meno alla legge, e quindi lecita da farsi, o illecita da omettersi. Nel fare il bene o il male sentiamo nell’intimo una voce: proviamo la gioia se l’azione è stata buona, av­vertiamo il rimorso se è stata cattiva. La coscienza è l’eco della voce di Dio…

Egli opera fuori e dentro di noi: è nell’erba che cresce, nell’acqua che scorre, nella vita che na­sce, nella gioia del bene, nell’angolo più nascosto della tua esistenza, nella felicità che ti circonda nei ricordi se­reni, in ogni mano pacifica; Dio è nel lavoro, nella quiete, nella miseria, nel dolore, nel martirio, nell’agonia. E’ dif­ficile conoscere se stesso. Distratti come siamo dalle cose esterne, ci è faticoso rientrare nel proprio mondo inte­riore per timore di incontrare il nostro io; ci lasciamo tra­scinare dal frastuono per vivere con la coscienza addor­mentata e continuare a chiamare bene ciò che è male; ab­biamo paura del ritiro spirituale per non vedere il nostro vero volto; viviamo la nostra giornata esistenziale in uno stato di attesa guardinga, sempre informe e senza impe­gno. Ma chi non conosce se stesso è nella impossibilità di perfezionarsi. Come si possono correggere i difetti che non si conoscono e praticare le virtù che si ignorano?

Nella vita vi sono certi momenti in cui la voce della coscienza si fa più insistente: allora il seguirla è cosa im­portante. L’esame di coscienza, tanto raccomandato dai direttori spirituali, è la via per cui si perviene alla cono­scenza di se stesso. La coscienza è il sacrario dove l’uomo si ritrova solo con Dio.

 

LA PREGHIERA ED IL ROSARIO

« Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto! » (Lc. 11,9). La preghiera è una pia eleva­zione dell’anima a Dio per ben conoscerlo, adorarlo, rin­graziarlo e domandargli quanto ci bisogna. Senza la luce di Dio la vita dell’uomo è triste. Il mondo ha bisogno as­soluto di essere in contatto con la divinità. La preghiera calma lo sdegno di Dio, ci salva dai pericoli, ci aiuta a pra­ticare la virtù, concede la pace all’anima, restituisce il giu­sto valore alla vita, rinnova la presenza di Gesù in mezzo a noi.

Quando chiediamo dei favori ai potenti della terra, non sempre siamo ascoltati, perché non sempre essi pos­sono concedere quello che desideriamo. Dio, al contrario, può sempre esaudirci. La preghiera, fatta nei nome di Gesù, è molto efficace. S. Alfonso De’ Liguori ci ricorda: « Chi prega si salva, chi non prega si danna ». S. Paolo esorta i Colossesi a perseverare nell’orazione con diligen­za e con atti di ringraziamento (Cfr. Col. 4,2).

  Il Signore ha promesso di elargire le grazie attraverso la Madonna. Il rosario è il sostegno della nostra debolezza, la mi­stica arpa il libro di tutti, l’amico dei fanciulli e dei vec­chi, la guida degli umili e dei dotti, il conforto della ma­dre presso la culla del suo ultimo nato, la medicina del­l’ammalato nel letto dei dolori, il sollievo dell’orfano che cerca nel pianto sua madre…

Se il nostro secolo nella sua superbia irride e rifiuta il santo rosario, una innumerevole moltitudine di uomini santi di ogni età, di ogni condizione, lo hanno avuto caris­simo, lo hanno recitato con grande devozione, e in ogni momento Io hanno usato, come arma potentissima, per fu­gare i demoni, per conservare integra la vita, per acqui­stare facilmente la virtù, in una parola, per il consegui­mento della vera pace agli uomini.

I   padri e le madri di famiglia in particolare anche in questo siano di esempio ai loro figli; specialmente quando, al tramonto del giorno, si raccolgono dopo le fatiche della giornata, tra le pareti domestiche, per recitare il santo ro­sario, insieme fondendo la voce, la fede, il sentimento.

Il   rosario, che pende dal bordone del pellegrino e dal­la cintura del frate, è anche il libro del cieco e del povero, il compagno della vedova e del moribondo; lo si può reci­tare in qualunque luogo ed in qualunque tempo; è la pre­ghiera di tutti, la preghiera per tutti, la più sublime delle preghiere.

Il   rosario, lettore cortese, sia il tuo libro preferito, il tuo angelo indivisibile. Porta sempre la corona con te e recita fedelmente il rosario ogni sera. Felice te se ti pre­senterai al Giudice supremo con la corona fra le mani!

 

 

L’AVE MARIA

   Le campane delle città e dei villaggi ricordano agli uomini la « salutazione » del mattino, del mezzo­giorno, della sera ed il sacro suono, che si disperde nei campi, echeggia nell’aria, passa invisibile come un mor­morio tra gli alberi fronzuti e suggerisce all’animo pen­sieri di bontà richiamando alla mente ricordi del passato.

L’universo è il tempio di Dio. Tutta la natura prega: il        fulgore delle stelle e il raggio «verecondo» della luna, la luce del sole e la rugiada d’argento, il venticello dolce e il boato della tempesta, il filo d’erba e le querce della foresta, il mormorio sommesso del ruscello e il fragore del mare, la neve dei monti e la spiaggia infuocata, il silenzio delle notti e il caldo del deserto. All’accordo solenne dei monti, che si eleva al Creatore quale melo­dia sacra, si unisce la voce dell’uomo. Bella è la pre­ghiera del bimbo innocente, eroica l’implorazione dei mar­tiri, santa l’invocazione dei missionari, generosa la sup­plica dei soldati, sublime l’istanza dei filosofi, serena la preghiera dei monaci.

Il popolo che non prega è destinato a perdersi. Pre­gare è vincere.

La chiesa, tra il profumo d’incenso e tra i candidi lini, prega: Ave Maria!

 

 

Da: La Chiamata, 1986

PENSIERI DEL SEMINARISTA

 “Ditemi: che cosa Dio vuole da me? Ah, sono il pellegrino errante in cerca di riposo, il cieco brancolante nello te­nebre! Non desidero onori e ricchezze, ma tranquillità al mio spirito. Sono come una barca in mezzo ai marosi. Quanti ri­cordi e quante speranze portano le onde. Esse palpitano, tre­mano, fremono, hanno voci che sanno d’infinito… la scia dei ricordi si allunga nel mare, l‘onda spumeggia, risuona e si perde tra i flutti come il tempo verso le sponde dell’eternità. Vedo laggiù una barca: ecco appare e scompare... par che si soffermi e tremi nel cammino... voga, voga, o paranzella; sfida il vento, la pioggia e la corrente; il fato è là. Anch’io vogo verso il lido dell’infinito. Che cosa è l’infinito? Quale labirinto.. ahimè, quale labirinto!

Egli correva dietro la fantasia negli anfratti dei ricordi, era oppresso da profondi pensieri, aveva lo ginocchia dolenti per le continue orazioni. Era già stanco e, in certi momenti di depressione morale, arrivava perfino a desiderare la libertà del campicello paterno e a invidiare il pastore che pascola il gregge sui monti o lungo i fiumi.

Per fortuna la meditazione sulla misericordia di Dio gli infuse coraggio, si appressò all’altare con rinnovato ardore, sentì tanta dolcezza nell’anima e, a chiusura del ritiro, scrisse nel diario:

Ho avuto la crisi della fede, mi dibattevo tra queste due idee fisse: Iddio mi vuole veramente prete? E come faccio ad esserlo se mi manca la fede? Questa crisi mi ha prostrato: ho resistito, non ho trascurato i miei esercizi di pietà. Il Signore ha avuto pietà di me e mi ha sostenuto: finalmente la crisi, come neve al sole, si è disciolta. Ti ringrazio, Signore; sento in me la tua volontà, aiutami nel cammino, prometto d’essere interamente tuo. Da questo giorno voglio amarti senza riserve e senza menzogne. Deus meus es tu: in manibus tuis sortes meae... Domine, spes mea a juventute mea. Tu sei il mio Si­gnore: nelle tue mani affido il mio destino,o Signore, sei tu la mia speranza dai miei giovani anni. Il ritiro spirituale è un soffio di fervore nella vita dell’anima, una pioggia benefica sui campi riarsi dal sole. Dominus regit me, et nihil mihi de­erit.. il Signore mi guida e niente mi verrà meno. Il silenzio ci migliora, ci spiritualizza: l’uomo deve tacere per ascoltare Dio. Noli foras ire, in te ipsum redi; in interiore homine habitat veritas... Non cercare fuori di te, rientri in te stesso; la verità abita nell’interno dell’uomo. Como ai servi della parabola, così a me, o Gesù, fai sentire la voce del tuo dolce invito a più ri­prese, promettendo la ricompensa di un premio eterno: mi chia­masti all’alba della vita, mi chiami al meriggio, cioè quando la vita è nello sviluppo di tutta la sua attività, e mi chiamerai ancora quando la vita sarà al tramonto. Grazie, grazie, o Gesù” .

 

 

 

Da: l’eremita di Amalfi, 1990

IL CANTO DEL CARDELLINO

In quel momento un cardellino, nascosto tra le foglie d’un fico, innalzava l’inno della sera al supremo Fattore della natura. Dal sorgere del sole aveva riempito il cielo e la terra del suo canto e ora, sul finir del giorno, effondeva, dall’albero prediletto, torrenti di note. Il suo gorgheggio sembrava un componimento poetico: al termine d’ogni melodia ripeteva il trillo e, seguendo un determinato ordi­ne, intercalava la strofa al ritornello.

I   tre rifugiati interruppero il dialogo e, puntando il dito della mano, indicavano l’albero dal quale veniva il can­to. Federico, che non aveva parlato fino allora, accarezzan­dosi con la mano destra la barba bionda, disse:

«Il piccolo cantore insegna che la vita di ciascuno, an­che priva di significato, possiede un motivo utile, che è nascosto alle nostre limitate facoltà intellettive. Il Signore non ha creato l’universo a caso: il fiore del deserto, la galli­na che razzola, il nubifragio distruttore, la formica, la ba­lena, i raggi del sole, l’aquila, il passerotto hanno la loro ragion d’essere nell’armonia del mondo. L’origine miste­riosa dell’uomo e di altri esseri animati e inanimati, in tutte le varie e molteplici forme, è la grande risposta delle cose contingenti alla chiamata dell’Ente necessario».

 

LA PREGHIERA DELL’EREMITA

«O Signore, ti offro quest’intimo tormento che tu solo conosci, tutti i miei desideri insoddisfatti, le speranze fal­ciate, la solitudine del cuore. Intendo rinnovare la mia of­ferta specialmente quando la tristezza mi opprime, la feb­bre mi annienta, o quando il cielo dell’anima diviene tem­pestoso ... o quando un buio fitto mi rende disagevole il cammino, o quando il dubbio mi tortura il cervello. O Signo­re, mio dolcissimo amico, fa’ che io ti veda, che io ti senta in questo povero cuore che a goccia a goccia versa tutto il suo sangue! Che io sappia scorgerti in tutte le tempeste, in tutte le ansie, in tutte le difficoltà, nelle rivolte e in ogni dolore, O Signore, non lasciarmi mai più. Che io aspiri a Te, ti cerchi con desiderio incessante, ti possegga ogni momento, non sappia fare a meno di Te. Riempi questa mia povera e tormentosa esistenza! Tu sei il ristoro, la pace, la gioia dell’anima mia.

Mettiamoci in cammino ... la mia mano nella Tua, il mio sguardo fisso nel Tuo, il mio cuore stretto al tuo divin Cuore ... per vivere insieme, soffrire insieme, morire in­sieme,

Patire sempre e solo patire! Accetto tutto! Se vuoi che io cammini per questa strada, ecco io vengo. Perdona la mia paura che non è altro che mancanza di fiducia e d’amore. Ecce venio! Vivrò nel Getsemani accanto a Te.., tristis est anima mea. O Signore, ho tanta paura! Però bi­sogna che io vada fino in fondo e soffra tutto ciò che una creatura umana può soffrire, O Signore, accresci in me la fede e tu mi darai la forza di pronunciare il mio povero sì!».

 

 

Da: Madre mia, 1992

CANTICO

Allor quando, d’un tacito lago

sull’onda tranquilla

volgo l’occhio, nell’ora che imbruna,

ti onoro, Maria !

 

Ouando ammiro, trapunto di stelle.

un lembo di cielo

con un canto di pallida luna t’invoco, Maria !

 

Se a guardare mi pongo gli augellì, le greggi dei campi

e le bestie che il mondo rinserra. ti esalto, Maria !

 

Allor quando, con animo pio, mi aggiro per valli

e percorro boschetti e colline, ti lodo, Maria !

 

 

Da: La storia più bella, 1992

QUANDO LO SPIRITO SANTO…

Quando il fuoco dello Spirito Santo si accende nel cuore dell’uomo, allora in quel cuore non c’è più quiete.

La sua marcia è in equilibrio sugli abissi: vivere nel mondo senza essere nel mondo, evitare la dispera­zione senza cadere nella presunzione, non preoccu­parsi del pane quotidiano e cercarlo ogni giorno instancabilmente; essere semplici come colombe e prudenti come serpenti, piangere e sorridere, cioè piangere le proprie colpe e vivere in perfetta letizia.

Quando lo Spirito Santo si impossessa di una anima, questa si fa povera, obbediente e casta: povera non per amore della miseria ma per acquistare più ricchezza, obbediente non per animo servile ma per dominare se stessa, casta non per insensibilità ma per insaziabilità. I cristiani, sospinti dalla Spirito Santo, sono sempre in cammino verso l’ideale, nulla può frenarli, neppure la morte perché per essa dal tempo andiamo all’eternità, dall’esilio alla patria, dalla terra al Cielo.

 

 

 

 Da: Omelie, 1993

CONVERSIONE

        Il  popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce. Cristo Gesù ha portato nel mondo la luce con la parola e con le opere. Egli non disse: fate questo e non fate quello, ma operava ed insegnava.

Ora, dal momento che Cristo è venuto e la luce è spuntata, sorge in noi il dovere di seguire il Signore con la conversione. La parola conversione significa cambiare vita e mutare la mente e il cuore.

Per convertirci dobbiamo prima conoscere noi stessi: cioè convertirci giorno per giorno e costruire in noi un mondo nuovo per essere oggi migliori di ieri e domani migliori di oggi. L’uomo guarda in faccia e Dio guarda nel cuore.

“O Signore, che io conosca me, che io conosca Te. Che io conosca me per odiarmi, che io cono­sca Te per amarti”.

 

CERCARE IL SIGNORE

   In questa domenica il Signore risorto ci è presen­tato come il pastore della Chiesa, Colui cioè che chiama tutti gli uomini a sé.

Il  pastore conduce le pecore per le valli e lungo i fiumi, le conosce una per una e alla fine della giornata le accompagna all’ovile. Il pastore è Gesù, l’ovile è il mondo e noi siamo il gregge. Il pastore cammina avanti e le pecore lo seguono: alcune vanno indietro, altre si smarri­scono, altre cadono nei burroni, alcune si fer­mano. Gesù è il buon pastore e noi siamo il gregge, ma che pecore siamo? Pecore buone o pecore zoppe?

Occorre quindi cercare il Signore nella pace della famiglia e trovarLo nella fede incrollabile, nella speranza certa e nella carità operosa. Il Signore ci invita a ritrovare l’unico ovile e tutti, senza aspettare, dobbiamo tornare a Dio attra­verso la Madonna.

 

 

 

 

 

IL MISTERO DELLA TRINITA’

     È fatica vana voler comprendere il mistero della Santissima Trinità. Dopo il Natale in cui Gesù nasce, dopo la Pasqua in cui il Signore risorge, dopo la Pentecoste in cui nasce la Chiesa, ecco la Trinità che compendia tutti i misteri in cui ricono­sciamo le tre divine Persone.

Vi sono in Dio tre persone uguali e distinte. L’anima umana, pure essendo una, ha tre facoltà: memoria, intelligenza e volontà,

Così Dio, pure essendo uno, ha tre sostanze chiamate persone: il Padre che ci ha creati, il Figlio che ci ha redenti, lo Spirito Santo che ci santifica. La Fede cristiana si manifesta nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Noi ricordiamo questo mistero quando riceviamo il Battesimo, la Cresima, l’Eucarestia, la Penitenza, l’estrema Unzione, l’Ordine, il matrimonio.

Diciamo ogni domenica: “Io credo in un solo Dio Padre onnipotente, in Gesù Cristo suo unico Figlio e nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita”

 

LA PREGHIERA

   Una volta Gesù giunse nei pressi di Tiro e di Sidone. Una donna Cananea, appena lo vide, incominciò a gridare:  “Pietà di me, Signore, mia Figlia è molto malata”.

Gesù non rispose, però quella ripeteva: « Signore, aiutami, abbi pietà perché mia figlia è grave”. Infine Gesù ne ebbe pietà e disse: « La tua fede è grande; va’ e ti sia fatto come hai detto ». E la fanciulla fu guarita.

Bisogna, come la Cananea, con insistenza e fiducia, pregare sempre e molto.

Diceva Gesù: “bussate e vi sarà aperto, cercate e troverete, chi cerca trova e chi bussa ottiene”.

La preghiera è come una lettera che si manda a Dio, è come l’incenso che sale al cielo, è come l’acqua che rinfresca la terra. La preghiera è il filo che unisce l’uomo a Dio, la terra col cielo. S.Alfonso de’ Liguori diceva: “Chi prega si salva e chi non prega si danna”

 

PREGHIERA ALLA VERGINE

      O   cuore dolcissimo di Maria Immacolata, Vergine santa delle vittorie, per quei gloriosi trionfi che riportasti in ogni secolo sbaragliando gli eserciti, umiliando i ribelli, convertendo i peccatori, rido­nando la pace nelle famiglie la tranquillità alle nazioni, a noi tutti, figli tuoi e devoti al Cuore del grande Padre, concedi la grazia per la nostra bella patria, la pace e l’amore nelle nostre fami­glie, la salvezza al tuo Cuore e a quello del Tuo Figlio Gesù.

 

NEL TEMPIO DI SAN SOSSIO

Dall’alto campanile il sacro bronzo alla preghiera invita

mentre un raggio di sole cadente dalle vetrate penetra

e risplende il deserto tempio del Dio vivente.

Le antiche statue sembrano svegliarsi da lungo silenzio.

Nella piazza intanto ferve la vita, la fuga nel tempio

senza sorte di persone e di cose.

Autocarri veloci nella faticosa corsa, carri pesanti nella faticosa via.

Tutto si agita, tutto corre, e nella fuga delle ore incalzanti la gioventù passa.

 

 

FEDELTA’ A DIO

     La fedeltà a Dio si misura sui fatti, non sulle parole. Non chi dice: « Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi avrà fatto la volontà del Padre mio».

 Occorre rompere col peccato per ottenere il perdono di Dio. Il regno di Dio è di chi opera il bene e di chi sì impegna a realizzare il piano di Dio. Fede e opere sono richieste per la salvezza.

Quindi la fede ci invita a fare tre cose:

1) Ascoltare la voce di Dio, fare quello che vuole Dio, come vuole Dio, quando vuole Dio.

2)   Osservare i dieci comandamenti, ubbidire in quelle cose che piacciono a Dio e non a 

     quelle che piacciono a noi.

3)   Mettersi in preghiera perché la preghiera è il dialogo di Dio con l’uomo, l’unione della

     terra col cielo, l’incontro del mondo con il divino.